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MORTARA - “Ho attraversato momenti difficilissimi, ho anche temuto il peggio. Ma il pensiero di mio figlio mi ha dato coraggio”. La voce si incrina per la commozione quando Luigi Granelli (nella foto) racconta la sua battaglia contro il virus. La sua è una vittoria conseguita in una guerra che si potrebbe definire “sporca”. Sporca perché l’avversario invisibile è subdolo, ma anche perché nelle statistiche ufficiali non ci sarà mai l’esito di un tampone che attesti la malattia di Luigi Granelli. Il suo caso, come molti altri, racconta di un sistema di prevenzione e controllo che scricchiola. Che, talvolta, sembra operare al contrario. E’ chiaro che non si possono fare tamponi a tappeto a tutta la popolazione. Però almeno sarebbero indispensabili sulle persone che manifestano chiari sintomi dopo essere stati anche a stretto contatto con persone contagiate. Invece le autorità competenti hanno contattato telefonicamente Luigi Granelli solo sabato 9 aprile. Una chiamata per avvertire che la sua quarantena sarebbe potuta terminare pochi giorni dopo, mercoledì 15. Ma quale quarantena? Considerando che non è mai stato sottoposto a tampone? In realtà la quarantena c’è stata. E’ quella a cui si è sottoposto volontariamente Luigi Granelli a partire dal 17 marzo, giorno in cui si è manifestato il primo stato febbrile. “Da qualche tempo – racconta l’assessore alla sicurezza – mi misuravo la febbre 3 o 4 volte al giorno. Sono spesso a contatto con le persone, sono sempre in movimento per far fronte a tutti gli impegni derivanti dal mio ruolo di amministratore pubblico. Insomma, un po’ me lo aspettavo, anche perché sono stato a stretto contatto con il sindaco che pochi giorni prima aveva manifestato i primi sintomi del contagio”. Così il 18 marzo, quando la febbre è già alta e i dubbi sono ridotti al minimo, Luigi Granelli decide di andare al Pronto soccorso per sottoporsi al test del tampone. Però proprio in quel giorno Asst aveva chiuso il Punto di primo intervento di Mortara. “L’alternativa – continua Granelli - sarebbe stata quella di recarmi a Vigevano. Poi ho deciso, al contrario, di rivolgermi unicamente al mio medico curante, Michele Trivi, che ringrazio sentitamente per l’attenzione, per evitare di andare in un luogo che, in quei giorni, era sovraccaricato di emergenze. C’era un via vai di ambulanze e il pronto soccorso mi sembrava un posto di trasmissione del virus”. Inizia così il lungo periodo della malattia. 12 giorni consecutivi di febbre altissima e difficoltà ad alimentarsi. “Per proteggere la mia famiglia - prosegue Luigi Granelli - mi sono segregato in mansarda. E stata dura. Sentivo il suono di decine di sirene. Giorno e notte le ambulanze rompevano il silenzio. In quel momento ho fatto una riflessione. Anche se non riuscivo ad alzarmi dal letto, neanche per andare ai servizi, ho pensato che non potevo chiamare anche io la Croce Rossa. Cosa avrei detto a mio figlio, con quali parole lo avrei potuto salutare? Con tutte le cose che non riuscirei a dire nemmeno in una vita. Intanto in televisione sentivo le cronache delle persone che venivano trasportate in ambulanza senza più tornare a casa”. Ma il bombardamento di farmaci ha avuto effetto. Dopo 12 giorni la luce in fondo al tunnel. Dal 29 marzo niente più febbre da cavallo. Poi, il 9 aprile, dopo 11 giorni dal superamento della fase acuta, ecco la chiamata di Ats che comunica che la quarantena sarebbe finita pochi giorni dopo, a patto che i due test del tampone, fatti il 13 e il 14 aprile, avessero dato esito negativo. Così com’è effettivamente avvenuto. Niente più virus. “Ringrazio – aggiunge Luigi Granelli - tutte le persone che mi sono state vicine attraverso messaggi e telefonate. Ho ricevuto moltissime dimostrazioni di affetto e sono riconoscente verso tutti. Ora sono tornato al lavoro, pienamente operativo. Il mio pensiero, oltre alle persone che ancora soffrono o che piangono la scomparsa di un parente o un amico, va ora ai commercianti, agli artigiani, ai professionisti e ai lavoratori che si trovano nel pieno di una grave crisi economica e sociale. Se non si rimette in moto l’economia molti bar, ristoranti e attività della città rischiano di non riuscire più a rialzarsi. La mia prima proposta è quella di fare un intervento sulla Tari, la tassa rifiuti. Compatibilmente con le risorse dell’ente vorrei che ci fosse un bonus per restituire, almeno in parte, le somme versate per la tassa rifiuti da bar, ristoranti e pizzerie. Lavorerò su questo progetto assieme alla collega Margherita Baletti. Con lei penseremo a tutti gli aiuti economici che il Comune è nelle possibilità di mettere in campo”.Luca Degrandi